E’ NOTTE.
LEI MI LECCA
LE FERITE.
MI BACIA NEL
VENTO CALDO
CON LE SUE
LABBRA CARNOSE
CHE SANNO DI
PRIMAVERA, DI FORESTA PRIMORDIALE.
PROFUMA DI
MUSCHIO VERGINE,
DI TERRA
ACRE,
DI SANGUE
MAGICO,
DI VINO
FORTE MISTO A MIELE.
HA LA MORTE
NEGLI OCCHI,
UNIVERSI
ANTICHI NEI CAPEZZOLI,
ERE PERDUTE
NEL SORRISO ARCANO,
PIANETI,
MALIE E TALISMANI TRA I LUNGHI CAPELLI NERI,
IL REAME DEI
SOGNI NEL VENTRE SELVAGGIO,
RICHIAMI
FEROCI DI FIERE NELLA VOCE,
E UN TOCCO
GUARITORE NELLE LUNGHE DITA AFFUSOLATE OSSUTE
MI SUSSURRA
DOLCI NENIE E MISTERIOSE, ASPRE, ISPIDE RITMATE PAROLE SELVATICHE BARBARE,
IN UNA
LINGUA INCOMPRENSIBILE
IN UN
ORECCHIO.
IO LA GUARDO
NEL SUO
SINUOSO INCANTO MUSICALE
CARNALE
METAFISICO,
POI MI ALZO
IN PIEDI
NELLA NOTTE
FREDDA SENZA TEMPO,
ALZO LA
TESTA AL CIELO,
COLLANA
CAOTICA DI STELLE E TESCHI,
APRO LE
BRACCIA CON I PUGNI SERRATI,
URLO UN
VERSO DI LIBERTA’
E RIDO.
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