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(dettaglio di un mio dipinto)

domenica 27 marzo 2016

PER UN SANO ECO-ISMO










Con “eco-ismo”, intendo quella forma di “sano egoismo”, di cui parlava anche San Francesco, che non sia chiuso, nevrotico, rigido, paranoico, raggelato, calcolatore, prevaricatore, arrogante, stantio, schizzato, separato, scisso, ma che sia schietto, aperto, cordiale, amichevole, rilassato, pacato perché forte, ricco, fluido, generoso, sovrabbondante, connesso con la Natura, con il mondo e con gli altri, vulcanico di umorismo, amore e allegria (e tutte le altre emozioni possibili) - che sia teatrante improvvisatore anarchico continuamente in preda allo stupore e alla fantasia, e non inerte androide robotico svuotato, desertico, cinico, rachitico e tirchio.

Un “ego-ismo” in cui il Sé che si afferma, che si va espandendo propulsivamente ardentemente telluricamente incendiariamente eruttando pirotecnicamente come Stella Danzante e Attore Sovrano sulla Gran Scena del Mondo, sia un “ego profumato”, e non marcio e putrefatto, sia un Sé che faccia una sola cosa con la Scena stessa del Mondo, con la Natura e con gli Altri: stimolo-reazione, senza starci tanto a pensare, in un flusso rilassato e spontaneo di irriflessa, gagliarda, istintiva, diretta, potente, semplice, vulcanica, selvatica, terrigna, concreta, fisica, tattile, corporea, animale, fiera, indomita affermatività combattività anarchica che sia nuda POTENZA, nuda VITA che si manifesta in tutta la sua multiforme, cangiante, polimorfica, policefala, prospera, paradossale, micidiale stra-potente apocalittica ricchezza di CAOS pulsante, che scardina ogni schema precostituito, in un eterno PANTA REI innocente, continuamente inedito nuovo e imprevedibile.


Un’affermazione che sia FUSIONE con il Mondo stesso: l’eco-ismo è il sano egoismo dell’Ecologia Profonda.



Né egoisti né altruisti, “lupiangeli”, saremo così, rousseauianamente, dediti come animali irsuti zannuti immediati diretti onesti forti sani impavidi compassionevoli empatici, all’ “amor di sé”, naturale difesa di sé e della propria vita e di quella delle persone che amiamo, naturale affermazione di sé per soddisfare i propri bisogni autentici, naturale combattività “fiera e indigesta” per far esprimere  e primeggiare i propri talenti. Ma non possessivo, maniacale, alienato “amor proprio”, malattia accumulativa in cui la vita si spegne per cedere spazio al possesso.

La sensibilità positiva deriva immediatamente dall’amore di sé. È naturale che colui che si ama cerchi di estendere il suo essere e i suoi godimenti e di appropriarsi, coi legami affettivi, di ciò che egli sente possa essere per lui un bene. … Ma non appena questo amore assoluto degenera in amor proprio, e in rivalità comparativa, ecco che produce la sensibilità negativa; appena, infatti, si prende l’abitudine di misurarsi con altri ed uscire da se stessi per assegnarsi il primo e il miglior posto, è impossibile non provare avversione per tutto ciò che … ci impedisce di essere tutto.

(J.-J. Rousseau, Dialogues, II, O.C., I, pp. 806-807 ; trad. it. S.A., pp. 898-899)



In realtà, più avanti nel testo, Rousseau distingue tra una competitività, rivalità sociale sana e naturale, quella dei primi popoli, dei popoli tribali, in cui gli individui, all’interno di una solidarietà, lealtà, amichevolezza e compattezza di base della comunità, rivaleggiano benevolmente in quanto a forza, abilità nel cacciare o nel danzare, nel valore guerriero, in bellezza, saggezza, abilità varie (e anche doti spirituali-sensitive, aggiungerei io) coraggio capacità di costruire dei bei manufatti, utili e gradevoli alla vista e agli altri sensi, e dico io, anche probabilmente: capacità di gestire i conflitti, di non alterarsi di fronte a una facile offesa, di favorire lo spirito di unione del gruppo, di soccorrere e favorire i più deboli, di curare, raccontare storie, tramandare insegnamenti, cantare, divinare, profetizzare, amare, sognare, ridere ed essere amici di tante persone, spiriti, animali minerali e piante.


E dall’altra la competitività dell’ “amor proprio”: feroce, spietata rivalità cinica e nichilista, in cui si tenta disperatamente, con ogni mezzo necessario, di accumulare, di avere sempre di più, di avere tutto. Non di essere più felici, di stare meglio o soddisfare i nostri bisogni autentici, ma di possedere di più, sempre di più, possedere tutto, fregandolo agli altri. Fregando e fregandosene dei nostri fratelli.




Nietszchanamente: l’essere umano deve superare le tre metamorfosi: superare il Cammello, il modello del perdente cristiano che si fa carico sulla propria gobba di tutta la pesantezza della vita.



Allora diventerà il Guerriero.

Il valoroso eroe pagano, imperioso coraggioso e potente, senza paura alcuna, forte e granitico come una Statua divina, invincibile, indomabile, fiero e trionfante nella potenza della riaffermazione degli antichi valori guerrieri.










Ma infine, l’essere umano dovrà superare anche il Guerriero, e compiere la terza Metamorfosi.




Divenire Fanciullo, fanciullo cosmico, puro libero spirito enigmatico, precedente a qualsiasi determinazione, definizione, schema, modello, dover essere, costrizione, filtro, etichetta, racconto interpretativo: tabula rasa gnoseologicamente innocente, capace di stupirsi ad ogni istante dell’eterna sorgente sempre limpida, irripetibile e fresca del divenire.










l’innocenza del divenire-


L'uomo ordinario pensa: ‘Io sono ignorante’, ‘Sono incatenato dal karman’, ‘Sono impuro’, ‘Sono determinato dagli altri’ e così via, e l’inversione di questo pensiero porta alla realizzazione di Śiva.

Abhinavagupta

















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