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(dettaglio di un mio dipinto)

lunedì 13 marzo 2017

WILDERNESS URBANA I (San Donato Milanese, 09/03/2017)










Attraverso il “pratone”
tracce di wilderness agreste
contaminata di scorie urbane,
di malattie urbane,
sopravvivono in questo luogo estraneo:

qualche coniglio
(forse malato?)
grandissimi pioppi, probabilmente secolari     
dai rami qualche sperduto cinguettio tranquillo, immerso in una pace atemporale,
le tracce dei fossi
di questi che fino a poco tempo fa
furono campi,
alcuni resti in pietra
d’una chiusa;

a un certo punto
esco dal sentiero
e taglio dentro al grande prato:

piccoli fori di insetti nel terreno
(immagino formiche);
grandi buche profonde,
scavate dai cani,
o dai conigli,
o entrambi,
animali che furiosamente marchiano il territorio,
e sbrigliati corrono, giocano,
qui dove hanno la loro libertà.


Per terra noto un vecchio osso,
quasi sicuramente di coniglio,
segno enigmatico di Potere,
indizio di notti predatorie probabilmente di gatti randagi,
rosicato fino all'impossibile.


Mentre attraverso a grandi passi
il vecchio campo
osservando ogni indizio di vita selvatica
 







(qui è come un’isola:
il rumore asettico
il caos urbano è a pochi metri,
ma non arriva
qui l’uomo torna ad essere
stranamente solo con gli elementi
stranamente vuoto e libero con sé stesso
senza accorgersene
torna a riaffondare le sue radici alienate
nella nuda terra,
come un vecchio contadino,
un’antica quercia,
o un giovane lupo,
torna a risollevare lo sguardo ferito
e le ali stanche
nel possente terso cielo aperto, sgombro),













una cornacchia, planando sopra di me 
 




attraversa il cielo come fosse un’aquila,





  













attraversa anche il mio Spirito,





risvegliando la vastità ruggente dello spazio interiore


















 













andandosi a posare sull’albero di fronte a me

come sfidandomi,

o come riconoscendomi,

in un fraterno placido













































grido selvaggio.
































































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